Monday 31 December 2012

Bilinguismo per bambini

1 Bilinguismo in Famiglia
Articolo tratto da: http://www.italiansunited.co.uk/famiglie/bilinguismo.htm
blog scritto da Antonella Amati nel Marzo 2007


Riportiamo un breve e interessante documento sul bilinguismo in famiglia. Il documento è stato redatto per l’”Osservatorio linguistico della Svizzera italiana (OLSI)” e si trova allegato al volume “Famiglie Bilingui” di Bruno Moretti e Francesca Antonini.
Nel documento troverete riassunte in maniera sintetica le più recenti teorie e conoscenze sul bilinguismo e una serie di regole ragionate da seguire con i vostri bambini. ( Vedi Documento OLSI)
2 Perché è naturale diventare Bilingui
La possibilità di diventare bilingui per i nostri bambini non è solo una fortuna, ma un dono prezioso.
Con l'esperienza del genitore e non del ricercatore, vorrei parlare di alcuni aspetti dell'essere o del poter essere bilingui per i nostri figli.
Gli studiosi ci suggeriscono che il bambino, fin dalla nascita, è perfettamente in grado di assimilare due o più lingue, se a queste è esposto sufficentemente.
Dobbiamo considerare superati i preconcetti più comuni( Myths ) secondo i quali il bambino che vive a contatto con 2 o più lingue le confonderebbe tra loro, non ne svilupperebbe nessuna adeguatamente, comincerebbe a parlare più tardi, o addirittura avrebbe problemi a scuola o con i compagni.
Nessun dato scientifico supporta queste credenze, ma studi e l'esperienza pratica dicono proprio il contrario: i bambini o i ragazzi bilingui non mescolano mai le lingue fra loro se non volontariamente ed hanno padronanza del linguaggio esattamente come i loro coetanei monolingue (cioè alcuni più altri meno ma ciò in relazione a fattori esterni e non al numero delle lingue parlate).
Un relativo numero di bambini comincia a parlare tardi e ha problemi vari a scuola, ma solo quelli bilingui vengono "notati" e viene attribuito la causa del ritardo all’essere a contatto con più lingue.

Gli studiosi ci dicono che nel cervello di un bambino bilingue si creano a mano a mano due distinti e differenti apparati linguistici da dove il bambino attinge al bisogno. E' come dire che il bambino usa due "scatole magiche" separate da cui tira fuori le parole e le espressioni che gli servono in quel momento. Tutti i genitori di bambini bilingue più grandicelli, vi diranno che i bambini non sbagliano mai lingua nel rivolgersi ad un adulto, e che non mischiano mai le due lingue anche se, all'inizio e fino a circa tre anni, lo hanno fatto.
Due fondamentali capacità spontanee aiutano il bambino nella costruzione del suo linguaggio futuro:
- Quando il bambino inizia la "lallazione" (cioè l’emissione di suoni ripetitivi, a sequenze variamente composte-dadada; gugu; ghigughigu ecc)-attorno ai quattro/cinque mesi, emette dei suoni tipici ripetuti che sono praticamente gli stessi per tutti i bambini del mondo. Solo più tardi, copiando gli adulti, il bambino effettua una specie di screening, che gli fa "dimenticare" suoni e inflessioni che non appartengono alla sua lingua, e quindi non gli servono e "tenere" nel suo bagaglio linguistico solo quelli famigliari.
Questo significa che, alla nascita, ogni bambino è perfettamente in grado di riprodurre qualsiasi suono vocale con cui venga a contatto.
Se i suoni con cui viene a contatto appartengono a più lingue il bambino li assimilerà tutti e non li dimenticherà più.
- L’altra capacità nei bambini molto piccoli che sembra essere assolutamente spontanea nello sviluppo del bambino, è quella di riprodurre le forme grammaticali della propria lingua automaticamente senza doverle studiare, prima di ogni contatto con la scuola. In ogni lingua esistono regole e strutture grammaticali più o meno difficili oltre ad eccezioni e irregolarità. Il riprodurre le regole da parte del bambino quindi non è solo un semplice copiare l’adulto, ma sembra che il bambino abbia una specie di capacità “creativa” nel formulare le proprie frasi. Certo questo è un processo lungo che dura nel tempo e passa attraverso tentativi ed errori frequenti che spariscono o diminuiscono in età scolare.
Gli studi in materia hanno messo in luce che queste due speciali capacità del bambino molto piccolo, diminuiscono e poi scompaiono quasi del tutto fra gli otto e i dodici anni. Dopo questa età, le complicazioni sociali e comportamentali che entrano in gioco rendono difficile l’acquisizione spontanea della lingua.
E’ quindi importante che il bambino venga messo in contatto con una seconda lingua prima di questa età cruciale.
Dopo questa età imparare una lingua potrà comunque essere facile , ma sarà “a tavolino”, cioè con lo studio sistematico con tutto ciò che esso comporta.

In altre parole il bambino comincerà a parlare una seconda lingua se qualcuno parlerà con lui quella lingua se non dalla nascita, dalla più tenera età e se avrà il bisogno e il piacere di esprimersi con essa .
Fatte queste osservazioni sull’età favorevole ad imparare una seconda lingua, permettetemi una domanda:
perché in quasi tutte le scuole in Europa l’introduzione dello studio delle lingue straniere è quasi sempre nelle scuole superiori, cioè subito dopo la pubertà, cioè appena si è persa la capacità spontanea a diventare bilingui?
“Children are born ready to become bilinguals and multilinguals. Too many are restricted to becoming monolinguals.[...] No caring parent or teacher denies children the change to develop phisically, socially, educationally or emotionally. Yet we deny many children the change to develop bilingually and multilingually. (Baker C., 1995, A parents' and teachers' guide to bilingualism, Multilingual Matters, Clevedon.)
3 Suggerimenti
Queste vogliono essere solo indicazioni generali dettate dall’esperienza personale, dal contatto con persone e situazioni bilingui, e dallo studio di testi specifici sull’argomento. Ogni situazione è però diversa, quindi ognuno saprà adattarsi alle esigenze specifiche proprie e del proprio bambino.

QUANDO INIZIARE A PARLARE NELL’ALTRA LINGUA

Pensiamo che, in ogni caso, è preferibile iniziare a parlare al bambino in due lingue fin dalla nascita. Se un bambino viene esposto alle due lingue fin dall’inizio penserà che il mondo è fatto così: la mamma parla in un modo e papà invece in un altro (oppure: a casa si parla così e fuori invece così) e lo troverà assolutamente normale e accettabile.
Anche un bambino un po’ più grande, in età prescolare o che ha iniziato la scuola da poco, avrà comunque buone possibilità di acquisire spontaneamente una seconda lingua. A questa dovrà però essere avvicinato con naturalezza, senza forzature e legando la seconda lingua ad attività piacevoli a lui gradite (il gioco con altri bambini bilingui o che parlino l’altra lingua, sopra a tutte; il canto figurato e l’ascolto di canzoni; la lettura di libri e favole per bambini con una persona adulta che parli la seconda lingua; la visione di cartoni animati o programmi per l’infanzia già noti e non nella seconda lingua ecc).

QUALE METODO SCEGLIERE?
Bisogna scegliere per il bambino un modo per avvicinarlo alla seconda lingua e non cambiarlo più. Questa scelta dipende in genere dalla situazione famigliare in cui si vive.
Di solito i metodi sono: “ una Persona, una Lingua” o “ un Ambiente, una Lingua” a seconda che le coppie di genitori siano miste o di stessa nazionalità.
Nel primo caso sarebbe opportuno che ambedue i genitori parlassero o cercassero di imparare anche l’altra lingua. Parlando sempre e solo la propria lingua in famiglia si crea meno confusione per il bambino e un ambiente più armonioso.
Se la madre è straniera e il papà del luogo, in genere l’acquisizione spontanea e precoce della seconda lingua è più semplice. Questo a patto che la mamma si rivolga al bambino sempre nella sua lingua ( e traduca ciò che dice in presenza di persone del luogo) e non cambi in seguito il suo modo di fare.
Quando il padre è straniero di solito le cose sono più difficili.
In questo caso la convinzione che l’eventuale bilinguismo del bambino è assolutamente prezioso per lui deve assere forte e radicata.
In questa situazione il papà dovrebbe comunque scegliere di parlare sempre la sua lingua con il bambino, mentre entrambi i genitori dovranno dedicare maggiore attenzione alla sua educazione bilingue supportandolo frequentemente con interventi rafforzativi della seconda lingua.
Nel caso di genitori della stessa nazionalità che vivono in un paese straniero il metodo “ un Ambiente, una Lingua” è, almeno all’inizio, di più facile applicazione. I genitori possono parlare la lingua straniera a casa (ed eventualmente nella casa dei nonni), e parlare la lingua del luogo in tutte le altre situazioni.

COME RAFFORZARE LA SECONDA LINGUA

Rafforzare la seconda lingua con interventi di sostegno sarà comunque utile in tutti i casi, specialmente quando il bambino comincerà ad andare a scuola o avrà contatti più frequenti con i bambini del luogo.
Per rafforzare la seconda lingua si può innanzi tutto cercare di organizzare frequenti contatti di gioco con altri bambini in situazioni simili; passare le vacanze il più spesso possibile nel paese straniero; aiutarsi con cd, dvd, libri nella seconda lingua; inventare giochi da fare solo in quella lingua. Un aiuto per quando i bambini cominciano la scuola, è di procurarsi un libro della scuola elementare italiana, e, parallelamente alla scuola inglese iniziare lo studio della lingua italiana.
Attenzione che niente sia forzato o non gradito ai bambini. Il risultato sarebbe inevitabilmente l’opposto di quello sperato. Cercate di essere il più naturali ed entusiasti possibile nel proporre al bambino le attività di supporto. Se comunque questo non basta, e il bambino ha reazioni negative, cambiate attività o rimandatela ad un altro momento, ma comunque non desistete. Anche nei casi in cui sembra che il bambino non acquisisca nulla e non reagisca, gli starete comunque costruendo una base solida su cui costruire il proprio bilinguismo in futuro.

TENERE UN DIARIO
E’ interessante e divertente tenere un diario di tutte le parole che vostro figlio dice giorno dopo giorno.
Si può cominciare molto presto con l’annotare i primi suoni che emette e continuare con i primi tentativi di comporre parole e le prime parole vere e proprie.
Per le due lingue io faccio così: con un colore segno le parole in italiano, con un altro quelle in inglese e con un altro ancora quelle comuni alle due lingue e i nomi propri. Posso così capire “a vista” i progressi nelle due lingue e se e quando una prende il sopravvento sull’altra. Il diario, oltre che utile, sarà un bellissimo ricordo da tenere per il futuro.

NON FINGERE MAI
Mai fare finta di non aver capito se il bambino si rivolge al genitore straniero nella lingua del luogo o viceversa. Accadrà molto spesso che vostro figlio vi parlerà con una lingua diversa dalla vostra. Quando è molto piccolo, in genere prima dei tre anni e non formula ancora che poche e semplici frasi, userà la parola che prima gli viene in mente, o quella più facile da pronunciare. Non correggetelo MAI traducendo la parola in italiano con tono stizzito o con frasi come”no, con me devi dire......”. Provocherete nel bambino solo confusione e delusione perché penserà di avervi contrariato senza capirne il motivo. Semplicemente ripetete con entusiasmo la parola “incriminata” nella vostra lingua facendogli capire che avete compreso ciò che vuole e siete contenti che si è sforzato di esprimersi. Se il vostro bambino italo/inglese vuole un cucchiaio e vi dice “pun, pun” rispondete con entusiasmo”Siiii! Vuoi un cucchiaino?! Ecco prendi.” Molto probabilmente continuerà a chiedervi “pun”(molto più facile che dire c.u.c.c.h.i.a......), ma sicuramente se gli chiederete “mi prendi un cucchiaino?” vi porterà l’oggetto richiesto senza esitazioni.
Anche quando vostro figlio sarà più grande e si esprimerà meglio anche nella vostra lingua potrà capitare che vi parlerà nella lingua locale. Un caso tipico è un bambino che torna da scuola e vi racconta quello che ha fatto, nella lingua che parla a scuola. Di nuovo non fate mai finta di non capire per forzarlo a parlare la vostra lingua. In quel momento lui vuole un vostro consiglio o un vostro commento.
Focalizzare l’attenzione da parte vostra sul modo e non sul contenuto, cioè su come e non su cosa vi sta dicendo, sarebbe un grave sbaglio e potrebbe provocare in lui frustrazione e risentimento. Come riporta il documento dell’OLSI, prima viene il bambino, e poi la o le lingue che parla, cioè prima vengono i contenuti poi le forme.
Di nuovo rispondete al bambino nella vostra lingua in maniera del tutto naturale. Lui vi capirà comunque e anche questo sarà un passo importante nella sua formazione bilingue.

NON MESCOLARE MAI LE LINGUE
Cercate di non mescolare le lingue mentre parlate se non volete che il bambino lo faccia a sua volta. A volte chi vive in un paese di lingua differente dalla propria è portato, mentre parla, a “prendere in prestito” parole e frasi dell’altra lingua che in quel momento affiorano alla mente. Meglio evitare di mischiare le lingue da parte vostra o il bambino penserà che è lecito farlo e vi copierà, o semplicemente confonderà parole e modi di dire nelle due lingue e faticherà molto di più a districarsi tra di esse.

VACANZE
Cercate di far passare le vacanze ai vostri figli bilingui nel paese della lingua che non parlano dove vivono. Cercate di portarli dalla nonna che “cucina i loro piatti preferiti”, o dai cuginetti con cui poter giocare. Prendete anche in considerazione, quando è più grande, di mandarlo per un periodo da solo dai cugini o dagli zii, o addirittura di andare per un periodo più lungo nell’altro paese, e fargli frequentare per qualche tempo la scuola locale.

Monday 11 June 2012

Bilinguismo: miti da sfatare

Il bilinguismo è stato nel tempo oggetto di tanti falsi miti.
Vediamone alcuni:
1. E’ bilingue chi parla perfettamente due o più lingue.
Falso!
Chi può essere definito bilingue? Possono essere definiti bilingui tutti coloro che imparano (anche in momenti diversi della loro vita) e fanno uso di più lingue, a vari livelli di competenza. Il termine bilingue viene di solito usato come termine generale, ad includere anche i plurilingui.
Nel caso di apprendimento infantile di due lingue si parla di bilinguismo precoce (che può esseresimultaneo nel caso che le due lingue siano presenti nel repertorio del bambino entro i 3 anni di età; oppure consecutivo, se la seconda lingua si inserisce tra i 3 e i 6 anni), altrimenti, si parla dibilinguismo tardivo (solitamente, si definisce così quello dai 6 anni in poi).
2. La maggior parte della popolazione mondiale è monolingue.
Falso!
Si calcola che nel mondo 1:3 della popolazione parli quotidianamente più lingue e che molte più persone siano quelle che alternano più lingue anche se non quotidianamente.
3. Il bilinguismo ritarda o danneggia lo sviluppo cognitivo.
Falso!
Le peculiarità del processo di acquisizione nel caso di bilinguismo precoce devono essere tenute sempre presenti, altrimenti si corre il rischio di interpretare erroneamente i risultati come deficitari rispetto al monolinguismo. Si rischia cioè di cadere nel pregiudizio contro il plurilinguismo che ha visto come sostenitori anche esponenti del mondo scientifico e che è a volte ancora radicato nella mentalità comune: si diceva che i bilingui si dicevano non avessero il doppio delle competenze, ma la metà,  ed erano detti perciò semilingui.
Al contrario oggi il plurilinguismo viene percepito come una ricchezza sia a livello individuale che comunitario (si veda la scelta del plurilinguismo fatta dall’UE) e se ne sottolineano i vantaggi a livello comunicativo (per le relazioni interpersonali), culturale (esperienza e conoscenza di più culture), cognitivo (capacità più flessibili e creative).
4. I bilingui non riescono a separare bene i due sistemi linguistici e fanno confusione.
Falso!
Il fenomeno di mischiare più lingue o di passare da una lingua all’altra nello stesso discorso (‘code-mixing/switching’) veniva percepito in passato come ‘spazzatura’ o ‘insalata verbale’ e visto molto negativamente. Oggi si sa che questo un fenomeno normale, comune e diffuso tra i bilingui e nelle comunità bilingui.
5. Il bilinguismo è uguale per tutti: le lingue o si sanno o non si sanno.
Falso!
I bilingui sono molto diversi tra loro, per l’influenza di diversi fattori, che hanno come esiti diverse rappresentazioni mentali delle due lingue e diversi modelli di uso delle due lingue.
Per capire quali altri fattori possono entrare in scena nel caso del bilinguismo, analizziamo 3 fattori che, interagendo, danno luogo a ben 6 tipologie diverse di bilinguismo all’interno del bilinguismo precoce simultaneo. Se si considerano infatti:
-lingue dei genitori
-situazione sociolinguistica del contesto/comunità
-modalità di uso delle due lingue/ strategie discorsive
possiamo avere situazioni molto diverse tra loro. Ad esempio, consideriamo una coppia mista, formata da un madrelingua francese e uno tedesco, che vivono ad esempio in Francia. Questi genitori possono scegliere se esporre i figli alle due lingue o al solo francese. Se la stessa coppia vivesse in Italia, le possibilità di scelta sarebbero ancora altre.
E’ importante sottolineare che i bilingui quasi sempre:
  1. usano le diverse lingue a scopi diversi (variabilità funzionale tra i codici)
  2. non hanno lo stesso grado di competenza nelle diverse lingue (competenza sbilanciata)
  3. differiscono tra loro per il diverso ruolo dei diversi fattori nelle diverse situazioni (differenze inter-individuali)
  4. le competenze linguistiche variano nel tempo (differenze intra-individuali)
6. Una volta apprese, le lingue non si dimenticano.
Falso!
Gli studi dimostrano che il bilinguismo, oltre ad essere non uniforme, è anche INSTABILE. La competenza individuale linguistica e plurilinguistica può variare nel tempo. Quando questa variazione sia in senso negativo, cioè di perdita di competenze, si parla di perdita individuale (‘individual language loss’) o erosione (‘attrition’).
Solitamente, l’erosione viene studiata in soggetti pluringui ma l’ambito, nel suo complesso, prevede lo studio anche dei monolingui. Le conoscenze linguistiche possono essere perse, infatti, anche a livello di comunità, quando ad esempio di abbandona una lingua per un’altra (‘language shift’ o ‘death’), o a livello individuale (a causa di un’afasia o di una patologia neurodegenerativa).
6. Per le lingue, vale sempre il motto ‘prima è, meglio è’.
Falso!
Le speculazioni teoriche su questo punto, parlano di un processo parzialmente non lineare: purchè ci sia l’acquisizione di una prima lingua madre in età precoce, il sistema rimane plastico, dunque riciclabile per altre lingue e incline anche a perderle. La nozione di periodo critico, cioè di un periodo finestra entro il quale è possibile apprendere le lingue e fuori dal quale il processo diventa quasi impossibile, è vero solo per la lingua madre, mentre resta sempre possibile imparare altre lingue, anche se possono aumentare i tempi o le difficoltà.
Con l’avanzare dell’età, la capacità di apprendere una lingua declina, dunque, ma lentamente, mentre il rischio di perdita di una lingua già acquisita è drasticamente ridotta (e quindi l’erosione è meno evidente) se le condizioni richieste per tale perdita (ad esempio, se la lingua non si pratica) si verificano dopo aver compiuto i dieci anni. Al contrario, un bambino esposto ad una lingua solo da piccolo, la perde completamente se gli viene a mancare tale esposizione, come accade nel caso di bambini adottati.
7. Il bilingue è un monolingue x2.
Falso!
Il bilingue non è la somma di due parlanti monolingui ma un’entità con caratteristiche proprie, distintive, che devono essere considerate, soprattutto quanto si tratti di situazioni cliniche, come ad esempio la valutazione neurolinguistica di bambini con disturbi del linguaggio.
Mi fa molto piacere se lasci un tuo commento! Per restare in contatto con il blog, segui il gruppo su Facebook o iscriviti per e-mail, usando i pulsanti qui a destra.
Fonti per questo post:
Baker C. & S. Prys Jones (1998). Encyclopaedia of bilingualism and bilingual education. Clevendon: Multilingual Matters.
De Fina A. (1989). Code-switching: grammatical and functional explanations. Rassegna Italiana di Linguistica, 32, 107–140.
Francis N. (2010). Imbalances in bilingual development: a key to understanding the faculty of language. Language Sciences (2010), doi:10.1016/j.langsci.2010.03.001.
Grosjean F. (1985). ‘The bilingual as a competent but specific speaker-hearer.’ Journal of Multilingual and Multicultural Development 6, 467–477.
Pallier C. (scaricato dalla rete 6-IX-2010). Critical periods in language acquisition and language attrition Unite de Neuroimagerie. Cognitive, INSERM U562, SHFJ & IFR 49, Orsay, France.
Per approfondimenti:
Khattab G (2002). ‘/l/ production in English-Arabic bilin- gual speakers.’ International Journal of Bilingualism 6, 335–353.
Early Bilingualism and Child Development. Michel Paradis & Yvan Lebrun (Eds.). Lisse, The Netherlands: Swets & Zeitlinger B. V., 1984. Pp. 235.

Acknowledgements:
http://www.babytalk.it/wordpress/bilinguismo-miti-da-sfatare/

Saturday 12 May 2012

Aiutare a far crescere un figlio bilingue (consigli per i genitori :-)


Vorrei dividere con voi quest'articolo: 
Ecco il secondo articolo tratto dal sito Between Us Bilingual diEwa N. Come avevo annunciato nell’altro post dedicato al biliguismo questo articolo è più leggero e da anche consigli per i genitori che vorrebero vedere il figlio crescere bilingue. L’articolo in originale èhttp://between-us-bilinguals.webs.com/apps/blog/show/2669836-sink-or-swim.  Nel precedente articolo Ewa ci ha spiegato cosa vuol dire essere bilingue,
qui ci racconta un’esperienza di vita vissuta..
Mio papà ha sempre avuto le sue idee su come educarci. Quando ha deciso di insegnarmi a sciare, mi ha portato sul più bel discesone della zona, siamo saliti… e gia mi trovavo a sfrecciare come un missile giù dalla montagna Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa !!! Ci sono voluti 10 anni prima che mi mettessi gli sci ai piedi una seconda volta. Quando ha deciso che dovevo dare una ritoccata al mio inglese mi ha mandato ad Hastings, dove sono stata per tre settimane in casa. Avevo 14 anni e il mio inglese era davvero basico, e mi sono ritrovata all’estero da sola per la prima volta. Non è stato cosi terribile tutto sommato, ma chiamo questo approccio “nuota o annega” per una ragione.
Gli educatori distinguono tra “submersion” e “immersione” (qui sono andato in crisi con la traduzione NdT :-) come metodo per insegnare una seconda lingu. Una immersione nella lingua usa il linguaggio L2 (seconda lingua) come strumento per insegnare, circondando lo studente nella seconda lingua. Immersioni totali sono rare, di solito soltanto una parte della pagina e fatta in L2 e la rimanente in L1(lingua madre). La Submersione (aiuoooo travatemi un termine in itaiano!! ) è quando degli studenti la cui capacità nella L2 è limitata sono piazzati in una classe dove la L2 è la lingua di insegnamento. Non ci sono programi speciali per superare le barriere linguistiche, poichè il loro linguaggio nativo non è proprio considerato nella classe. Il caso più comune è ovviamente quello degli immigrati, per esempio una famigli inglese in Italia. 
Una submersion totale, specie nei bambini la cui abilità nell lingua madre non è ancora sviluppata al 100% può far scattare un processo di approssimazione della lingua madre in favore della lingua parlata nella nuova nazione. E’ ruolo quindi dei genitori far vedere ai propri figli che la lingua madre è ancora imporante e necessaria anche se vivono in italia. Hanno bisogno di trovare argomentazioni, perchè se il bambino si mette in testa che l’inglese è inutile i miglioramenti saranno lenti.
La lingua madre non deve essere considerata superflua o inutile socialmente. E’ vero che la vita mette alla prova gli ideali e quindi i genitori stessi non devono dare l’impressione che la lingua madre li renda malvoluti o addirittura inferiori. Non bisogna ovviamente creare il noi poverini contro un “loro” privilegiati, come invece può capitare alle famiglie durante i primi mesi. I bambini non devono se possibile scegliere tra amici italiani o amici inglesi o lezioni italiane o inglesi. Devono sapere che entrambe sono equalmente importanti.
Per evitare il deterioramento della comptenza linguistica dovuta alla submersione, i figi devono avere dei costanti input nella lingua madre: devono sviluppare vocabolario, leggere, saper far spelling, anche se tutto sembra un doppio lavoro. Dovrebbero saper discutere ogni materia (matematica, geografia, storia) tanto in inglese quanto in italiano. I genitori possono studiare tanto coi figli o mandarli in qualche dopo scuola in inglese, dove i figli possono partcipare una volta a settmana.

Bilinguismo: Altri consigli per i genitori:

  • Scrittura: Fate che i vostri figli scrivano lettere a casa ai propri amici o nonni, descrivendo la vita di tutti i giorni, la scuola, piatti locali … questo per allenare l’abilità nello scrivere e migliorare il vocabolario.
  • Vocabolario: quando aiutate i vostri figli nei compiti, spiegategli i concetti in inglese.
  • Leggere: fateli leggere nella loro lingua madre, fate in modo che vi raccontino delle storie. Ancora meglio se leggono fiabe del luogo d’origine
  • Parlare e ascoltare: trovate un gruppo dove si può interagire con altri bambini della stessa nazione
Sembra un lavoraccio… un po forse lo è ma vale tutto!! Fate in modo che si divertano

Wednesday 18 April 2012

Journals and websites on bilingualims


Will hearing me speak more than one language confuse my child? Should I use the one-parent-one-language method?





    Children are not confused by hearing more than one language. We have known for a long time that bilingual children separate their language from the age of 2: current research suggests they separate them from the beginning.

    People who grow up in bilingual communities like Singapore take bilingualism for granted. Parents typically speak two or three languages to children, and parents and children often mix languages in the same sentence. Mixing languages in the same sentence doesn't confuse children. And if the child mixes languages it is not a sign of confusion. The children learn the complex rules for when to use which language (and when you can use a mixture). They start to demonstrate that they know these rules before they are 2 years old. By the age of 2 we can clearly see that bilingual children faced with a monolingual adult will do their very best to speak in the language the monolingual knows. But remember that a child will not have learnt the same words in both languages: if a child doesn't know a word in a language they want to speak, they may use a word from another language that means the same (many of us use the same technique as adults!): this is nothing to worry about. Indeed, it shows that the child knows how to translate. Don't worry about the child mixing, even if you never mix. You can expect it.

    The 'one-parent-one-language' method is sometimes put forward as the only way to raise bilingual children. It isn't. There are many routes to this end. If both parents can speak a minority language then their best strategy might be to speak only the minority language to their children, and let them learn the majority language of the community outside the home. If the family live in a place where everyone is bilingual in the same two languages, then they should behave naturally, switching languages and mixing them as they normally do.

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    Is the speech of bilingual children delayed? My 3-year old child makes a lot of mistakes in pronunciation and grammar: is that because she is bilingual? 

    It used to be suggested that bilingual children were a little slower learning to speak than monolingual children. This is no longer an accepted view. In any case, any such difference would be very small. A bilingual child whose speech is delayed (for example, if they have not said the first word by 18 months) should be treated exactly like a monolingual child. It is dangerous to think that the child's speech is delayed because the child is bilingual. Bilingual children vary from one another just as monolingual children do -- some will be early and some will be late speakers. But all children whose speech is delayed should be assessed by a doctor and (if necessary) a speech-language practitioner, because if the child is deaf, or if there is some reason for the speech delay, it should be dealt with. If your child has hearing or speech-language problems, make sure that any professionals you deal with are supportive of bilingual families. Advice to switch to monolingualism is nearly always wrong advice.

    When children are learning to speak they make mistakes in all areas of language. A 'mistake', by the way, is something that adults in the community don't do (examples that work in all dialects of English include: calling a cat a 'dog'; beginning 'cake' with a /t/ sound; saying 'I wented'). 3 year olds have certainly not got it all sorted out. However many languages your child is learning, you can expect pronunciation mistakes, for example, until the age of 6 or 7 years. Don't expect 'perfection' from small children and don't fall into the teacher role of 'correcting' them.

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    I am worried that my child will learn my faulty pronunciation. I was educated in French and I am nor confident in my Mother Tongue: can I speak French to my child even though it is not my Mother Tongue? 

    Professor Ruuskanen regards it as important that parents speak only their mother tongues to their children, in order to foster a native accent. I do not agree: parents should feel free to speak to their children in a language other than their mother tongue. I do think it is important to look after your children in a language in which you are confident, and in which you know a few songs and rhymes. In the communities in which I have studied bilingualism (including my own family), it is common for parents to speak languages they have learned at school to their children. As adults, many people's best language is not their native language, but a language in which they have been educated, and/or which is the dominant language of the community.

    Many people in bilingual communities or in mixed marriages need to speak to their child (at least some of the time) in a language which is not their native language. There is nothing at all wrong with doing this. Language shift (moving to a language which is not the language of your ancestry) is a normal part of human behaviour. Some parents worry that they will pass on an 'incorrect' accent to their children. Don't worry about this. Accents change over our childhood and adolescence, and in many people do not stabilise until the early 20s.

    Once children start mixing with other children (from the age of 2 or 3) they start to learn their accent from their friends. Parents soon discover that they are not the model for their children's language behaviour, any more than they are the model for their dress sense. Children acquire the language of the children's community they are in. Be prepared for this (you might not like it!).

    The hearing children of deaf parents often grow up bilingual too, learning a sign language at home. They begin to model their speech on their parents' faulty pronunciation, but as long as they spend about 10 hours with speakers of oral languages, they seem to have no problem learning an oral language as well, and become indistinguishable from their friends (except for remaining bilingual, of course).


    My child refuses to speak our native language. My son just turns his back on me when I speak my language to him -- what should I do? 

    As Professor Ruuskanen says, it is common for a child brought up in a place with a strong community language to reject a minority one. My own daughter, starting in a trilingual household, rejected everything but English when she was 2. When this happens it is because we have failed to provide the need for the language. In deciding on your reaction, you need think about your relationship with the child as well as about your desire for them to learn a language. My husband felt that he valued his relationship with her more than his language, and switched to English. Other people stick it out and sometimes the child ends up with a good knowledge. All of us have to accept that we cannot control our children's life experiences. They will be their own people and make their own life which will be different from our lives, and which will not be as we envisaged their lives would be. Accepting language shift is part of accepting generational differences. Don't try to control the environment too much, and if things go wrong, be accepting. Other things matter much more.



Will my child be bilingual?





    My husband and I both want our child to speak our (different) mother tongues, but we speak to each other in English and we live in a place where a fourth language is used -- what should we do? 

    Most people who learn more than one language do so because they need to. Languages are worth learning if they are some use. That use can be practical, or emotional, or (for adults) aesthetic. If people need to learn a particular language, they generally will. Children are no different to adults in this respect. (Professor Ruuskanen also discusses this fact.) You can expect your child to learn a language if the child thinks it's some use.

    It's crucial to examine your situation and decide what language is most 'at risk' in your family. If you live in a place where there is a clear dominant language in the society, which is the language of the children your child will be playing with, or which is the language of education, you can be sure your child will learn that language. YOU don't need to worry about it at all. If you speak a language that is not used much in the community you live in, and especially if you use the dominant community language with your partner, you are going to have to work hard to develop your child's skills in that language, especially if you and your partner speak in the community's dominant language.

    And if you live in a place where there are lots of people who speak the same two languages, and where the child is exposed to Language X, Language Y, and all sorts of mixtures of X+Y, then you can relax. The chances are that the child will learn both of them. This is the usual experience for (for example) people growing up in educated families in Delhi -- they'll hear lots of Hindi and lots of English (and in some families lots of some other language(s) as well) and grow up with both, like most of their friends.

    Will bilingualism affect my child's intelligence? Is it true that only highly intelligent people can learn more than one language? 

    Bilingualism certainly does not decrease intelligence and probably doesn't increase it either. There are bilinguals of all degrees of intelligence, just as there are monolinguals of all degrees of intelligence. And anyone able to acquire one language, even if they are far below average intelligence, is able to acquire more than one language.



Don't worry; be natural; be a parent



    Read this FAQ if you have questions like the following: 

    Similar questions:
    Can my toddler learn a second language at home before starting school?
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    My infant is a year old and has not learned to talk. Why not?
    Will I confuse my child if I mix languages?

    Don't worry; be natural; be a parent 

    We get many questions from worried parents and prospective parents, often people who are in mixed marriages and are involved in migration. Children grow up in all kinds of bilingual or multilingual settings. My answer is always the same: do what comes naturally. Children suffer if they are unloved or treated cruelly. They do not suffer if their parents talk to them and play with them in only one language, or in two, or in three or four. Whatever languages you choose to speak with your children, and whatever languages they are exposed to in the wider community, they will deal with the situation as they grow up. You can do no damage to children through your linguistic choices.

    Although I agree with much of what Professor Ruuskanen says about this question, I would like to take a slightly different stance on one or two points. There are many kinds of multilingual settings: across the world it is probably more common for children to be raised in a bilingual family than in a monolingual one. Bringing up a bilingual child is ordinary, not unusual. My own experience of child bilinguals has been mainly in Singapore and India. In these countries (and many others, especially in Asia and Africa) speaking more than one language is taken for granted. Most children grow up in families where two or more languages are spoken, in communities where they hear many languages every day. Most parents were also brought up with two languages.

    However complicated your family linguistic situation is, relax with your children and do whatever comes naturally. It doesn't matter if they hear the same parent speaking several languages (that's normal life); it doesn't matter if people begin a sentence in one language and end in another. It DOES matter if you don't spend time with your children or are uneasy around them. Children are resilient, but they are sensitive to tensions of all sorts. Keep multilingualism low key and take things easy.

    You are not a teacher to your children. Your job as a parent is to raise a happy child interested in life and with the skills for living. You have to expose your child to the things that matter to you, and language is only a part of that. All children acquire language (except some with very severe disabilities) -- and children growing up in households where more than one language is spoken to them regularly will learn more than one language. You don't have to worry about it. You have to spend time with your children, playing with them, dressing and feeding them, doing art, singing, splashing around in water..... As you are doing this, talk however you like. Relax and have fun. Parents do not teach their children languages: you speak languages with them as part of daily life.

    Occasionally people have deliberately introduced a second language into the home even though they are not in a situation that would naturally lead to bilingualism. This is usually because they think it is a good thing to know more than one language from an early age. Some teach a language they learnt as a foreign language. Some even teach Latin. Some parents have taught their children 'Babysign' (see The National Literacy Trust for a very good discission of the pros and cons: http://www.literacytrust.org.uk/talk_to_your_baby/key_topics/1285_baby_signing), which is signed words based on natural sign languages. A child might enjoy learning a few phrases or words in another language without you having to sacrifice your normal linguistic practice. If you want to introduce a language deliberately, even on a larger scale, you probably won't do any harm. You do need to build a natural relationship with your child, however, in a language you are comfortable in: a child can sense artificiality. Also, unless you create a need for the language it's not likely to be very successful. Lots of things are good for children to learn (e.g. swimming, painting, clay modelling, horse riding, music) -- you can't do EVERYTHING, and there is no special magic in bilingualism. One situation where you probably ought to do something deliberate and use a language you are not good at -- if you have a profoundly deaf child and you do not know your local Sign Language, learn as much of it as you can and do your best to use it with your Deaf child.

    First of all, two definitions. The terms 'mother tongue' and 'native language' can mean many things. I will use them both to refer to a language that a person spoke before they started formal education (i.e. before the age of 3-7 years). Like most linguists I use 'bilingual' to refer to 'more than one language', regardless of whether it is 2 languages or 6.

    In Singapore nearly all children come to nursery school at age 3 already able to speak 2 languages. Many can speak 3. A child growing up with only one language is quite rare. The reason for this is that most adults routinely use two or three languages in their daily life, both at home and at work, and switching between languages is the norm for everyone. There are also many ethnic groups in Singapore, associated with many different languages, and people need to know languages which they can speak to people from other communities. Lots of people come from families where language shift has taken place, so that their best language might not be a language their parents spoke at all. Parents are fairly relaxed about their children hearing a rather rich language stew, and expect their children to pick up languages. They do worry (like parents everywhere) about their children being able to develop good skills in reading and writing the languages they have to do at school.

    In India, being able to speak only one language is a more common than it is in Singapore, but it is associated with some groups of poor people -- richer people are almost never monolingual (and many poor people are also multilingual).

    In both these places, bilingualism is not necessarily linked with biculturalism. English, for example, which is one of the languages usually spoken by bilinguals, is not associated with particular ethnic groups. English is a language of India and of Singapore -- it's not part of a foreign culture -- speaking with a UK or US accent would be seen as having a foreign accent. The pattern of bilingualism and the attitudes associated with it are quite different from attitudes in parts of the US and parts of Europe.

Sunday 18 March 2012

The experience of learning a new language

Did you find it difficult or exhilarating to learn a new language?
Listen to the podcast posted on www.cambridge105.fm for the Italian radio programme on Radio Dante Cambridge just launched on March 3rd, 2012. It's the first time that the Italian community has a voice in Cambridge and the programme is full of interesting tips to help children with this special gift....and it's not just about learning a new language, it's about the culture too.

These days it's vital that children understand our multicultural society, mix and understand others of different cultures. Let me have your stories or views: I am sure this will be great for others to know and most families worried about their children's difficulties at school to begin with, will soon realise it's a temporary thing as bilingual children are so much faster at problem solving.

Read on one of the experts in the field Professor Antonella Sorace, University of Edinburgh, who set up a fantastic resource for Bilingualism Matters. I'll be meeting her for dinner next Tues and will let you know more about what advice she has for us.
Keep speaking your language, no matter how remote, to your child and give them this fantastic gift.